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Al via Samaritanus Care, progetto di Aris, Uneba e Cei

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Per chiamare in Italia infermieri dall’estero

Roma, 19 giu. (askanews) – Mille infermieri all’anno assunti dai Paesi esteri sedi di università cattoliche e di comunità missionarie in Africa, Asia e America Latina per far fronte nei prossimi anni alla grande fuga di personale infermieristico dagli ospedali e dalle istituzioni socio-sanitarie italiane. E’ questa la sfida lanciata dalla Chiesa italiana con “Samaritanus Care”. Il progetto, presentato a Roma nella sede della Stampa Estera, nasce su iniziativa della Fondazione Samaritanus, costituita da Aris e Uneba, le due maggiori associazioni che rappresentano le Istituzioni sanitarie e sociosanitarie cattoliche e di ispirazione cristiana, con il patrocinio dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della Conferenza Episcopale Italiana.Padre Virginio Bebber, presidente di Aris:”La prospettiva del progetto è quella di poter fornire alle strutture sanitarie personale specializzato. In Italia mancano circa 70.000 infermieri. Per questa ragione dobbiamo cercare di trovarli anche all’estero al fine di dare consistenza all’assistenza sanitaria e anche garantire un servizio autentico all’interno delle nostre strutture. L’incontro tra Aris e Uneba, coordinati dalla CEI, è stato dunque molto fruttuoso e ci ha aiutato a guardare oltre”, sottolinea Padre Virginio Bebber, presidente di Aris. Bebber ha poi lanciato un’altra proposta: l’Erasmus per i giovani laureandi nelle università cattoliche estere. “In questo modo – ha chiarito Bebber – potremo avere giovani studenti dei paesi esteri che potrebbero laurearsi in Italia, imparando bene la nostra lingua, e quindi pronti per essere inseriti nelle nostre istituzioni sanitarie.Come, infatti, ha illustrato nel corso della conferenza stampa Beatrice Mazzoleni, segretaria della FNOPI (Federazione nazionale operatori infermieristici), “nei prossimi 4 anni l’attuale quadro di circa 460 mila infermieri perderà oltre 100 mila unità”. Un perdita secca che “già dal 2022 grava sul nostro sistema sanitario con una carenza di circa 65 mila infermieri mancanti”.don Massimo Angelelli, Direttore Ufficio Pastorale della Salute (CEI):”Abbiamo pensato di avviare un convenzionamento con le università cattoliche all’estero di alcuni Paesi extra UE e invitare giovani professionisti a lavorare in Italia per tre anni. Sicuramente chi sceglie questa professione ha una grande capacità di accogliere l’altro e prendersene cura. Ragazze e ragazzi che escono dalle scuole superiori e affrontano l’università con grande entusiasmo e con grande capacità di prendersi carico dell’altro”, ha spiegato don Massimo Angelelli, Direttore dell’Ufficio per la Pastorale della Salute della CEI, aggiungendo che l’iniziativa “è stata accolta con favore anche dal Ministro della Salute Orazio Schillaci”Attraverso convenzioni con università, o entità formative equipollenti, nei diversi continenti, il Progetto Samaritanus Care si propone di reperire infermieri disponibili a lavorare in Italia nelle strutture associate ad Aris e Uneba. Con lo scopo di reperire candidati di valore, sono state avviate collaborazioni con gli Istituti di Nigeria, Tanzania, Congo, Camerun, Perù, India. Inoltre sono stati avviati rapporti in altri Paesi quali il Ciad e l’Argentina. I referenti della Fondazione nei vari Paesi, di concerto con le Università, selezionano i candidati e provvedono ad iscriverli sul sito della Fondazione.L’aspirazione è dare vita a un “sistema circolare” che porti risorse in Italia negli anni successivi al conseguimento del diploma universitario ma anche un arricchimento di competenze che permetta ai lavoratori di tornare nel proprio Paese con un alto valore aggiunto che incentivi così altri lavoratori a fare lo stesso, innescando un circolo virtuoso per tutti i Paesi interessati.Anche Enrico Bollero, presidente della Fondazione Samaritanus, plaude all’iniziativa che, grazie alla Cei, “ha permesso il varo di un vero e proprio network socio-assistenziale ed infermieristico utile per la nostra sanità e nello stesso tempo anche per i paesi d’origine degli infermieri che arriveranno in Italia”.

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