“In tema di concordato preventivo biennale, abbiamo assistito all’ennesima gestione inadeguata dell’iter che ha portato alla definizione dello strumento. È fondamentale lavorare con regole certe e definite, pertanto nel momento in cui vengono introdotte modifiche, sarebbe opportuno concedere almeno 60 giorni ai professionisti, in modo tale da garantire un tempo congruo per lo studio e l’applicazione. Sarebbe un tempo utile per lavorare con un quadro chiaro e definito, che ci permetta di interagire con i clienti con maggiori certezze e non sempre in un quadro provvisorio e in continuo aggiornamento”. Lo afferma Francesco Cataldi, presidente Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili.
“Un esempio arriva proprio dal concordato preventivo biennale”, spiega Cataldi. “Uno strumento che ha visto il suo debutto lo scorso febbraio: sono seguiti decreti e provvedimenti che ne hanno definito i requisiti, le metodologie di calcolo, le cause di esclusione e decadenza. Nonostante tutto, oggi il quadro è ancora lacunoso”.
Serena Giannuzzi, delegata Area Fiscale dell’Ungdcec, sottolinea: “A poco più di un mese dal termine di invio dei modelli dichiarativi, il quadro normativo presenta ancora numerose zone d’ombra: solo ieri è stata pubblicata la “maxi circolare” dall’Agenzia delle Entrate che con ben 64 pagine di chiarimenti dovrebbe teoricamente togliere ogni dubbio. Intanto i clienti chiedono consulenza e attendono di sapere se effettivamente lo strumento si rivelerà una misura cruciale con benefici concreti per le imprese. Ma – evidenzia Giannuzzi – neanche questo è chiaro: il primo grande interrogativo che come addetti ai lavori ci poniamo è infatti quanto appeal avrà la misura per le imprese e per i professionisti. Non è certo che questa macchina di cui si parla oramai da mesi e alla quale ai piani alti stanno in tutti i modi cercando di dare maggiore attrattività, troverà effettivamente spazio tra i contribuenti”.
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