ROMA – Elezioni americane: l’economista Vito Rotondi e il giuslavorista, Francesco Rotondi, dinnanzi alla imminente prova di democrazia di novembre 2024, fanno alcune riflessioni.
‘Il pensiero giuridico-economico va alla dignità della storia da scrivere, con la convinzione che la verifica elettorale Usa nominerà un presidente che sarà stato in grado di comprendere per la maggioranza della nazione paure, bisogni, desideri, fragilità, spirito e speranze dei singoli e delle comunità nel rispetto e con la forza della democrazia”.
“Il sentire di un Paese e di un popolo, infatti, non può essere considerato un vulnus alla democrazia, e l’osservazione delle prossime elezioni negli Usa – sostengono – è un crocevia di significati e studi sul futuro del mondo che si ritroverà poi”.
Di certo, tuttavia, oggi gli USA “appaiono vivere una congiuntura di relativa discesa di potenza sulla scena mondiale rispetto agli ultimi 80 anni”. Perciò, è legittimo chiedersi: “e se la storia del mondo moderno fosse anche oggi di passaggio negli Usa? Coloro che non voteranno nessuno dei due candidati in lizza, potrebbero eleggere il “king maker” del presidente drenando voti preziosi al suo concorrente. Tra questi si ritrovano: Gretchen Whitmer, governatrice del Michigan con influenze in Pennsylvania e Wisconsin; oppure Robert F. Kennedy jr. accreditato dai sondaggi tra il 10% e il 15%». Inoltre, alcuni neppure voteranno. “Il rischio è che – evidenziano l’economista e il giuslavorista – le determinazioni delle posizioni neutre, degli indecisi, ad opera degli elettorati di qualsivoglia paese al mondo possano indirizzarsi al consenso verso scelte di rappresentatività non ispirate soltanto da principi giusnaturalisti e del diritto di civiltà”. Inoltre, “la virtualizzazione, la digitalizzazione, la dematerializzazione dei processi legati alla narrazione che originano il consenso si contrappongono al rispetto nella capillarità della democrazia, ne accentuano i timori, la ferocia e i dubbi”.
Ad oggi, entrambi i contendenti sono consapevoli che la corsa elettorale secondo le rilevazioni demoscopiche potrebbe dipendere da alcune centinaia di migliaia di voti polarizzati in meno di 7 stati dell’Unione di 50. Nessuno dei due pare godere di netta supremazia per popolarità rispetto all’altro. Negli Usa le realtà elettorali viventi sono le Convention, il 22 agosto ci sarà a Chicago quella dei Democratici, e le elezioni sono anche una continua e interminabile attività di lettura di dati e informazioni. Una macchina elettorale generatrice di scientifici enzimi di comunicazione con l’obiettivo di raccogliere consenso ed attivare funzioni e trasformazioni di opinione.
Tutta la partita che condurrà alle elezioni di novembre, comunque, non può prescindere dal quadro economico che caratterizza questi mesi, osservano ancora Francesco e Vito Rotondi. “A fine 2025 scadranno molti incentivi fiscali varati nel 2017 da Trump (sotto forma di riduzione delle imposte) e, nel contesto di un deficit federale già molto elevato. Per prolungare gli incentivi la spesa pubblica dovrà subire un taglio. Le intenzioni dei due candidati potrebbero essere agli antipodi. Un secondo mandato Biden potrebbe vedere un parziale ridimensionamento della spesa militare. Una presidenza di Trump potrebbe portare a una forte riduzione del sostegno all’Ucraina. Potrebbe esserci una spinta protezionista da parte degli Stati Uniti con entrambi i candidati.
Le tensioni tra Stati Uniti e Cina con tutta probabilità continueranno indipendentemente dall’esito delle elezioni. Concentrandosi sui riflessi per la borsa americana, in caso di vittoria di Biden e dei democratici probabilmente gli incentivi fiscali verrebbero lasciati scadere e quindi il mercato azionario potrebbe subire una temporanea correzione.
La vittoria di Trump e dei repubblicani invece suggerirebbe un’estensione degli incentivi fiscali, che potrebbero essere finanziati riducendo il supporto per la transizione energetica. Nell’immediato, probabilmente il mercato azionario si concentrerebbe sulla conferma delle basse tasse e sulla deregolamentazione, a partire dal settore finanziario”. Nel frattempo, secondo i dati di giugno 2024 l’economia Usa con l’indice dell’attività manifatturiera è salita a 51,7 punti rispetto a 51,3 di maggio.
Tali dati sembrano fugare il pericolo di recessione. Tuttavia, a medio termine ove dovesse aumentare l’inflazione ricrescerebbero anche i tassi per contenerla. Si spiega la prudente attesa per il previsto taglio dei tassi nella riunione della Fed di settembre cui potrebbe seguire al 46,8% di probabilità il secondo taglio entro la fine dell’anno.
Molteplici, dunque, le riflessioni giuridiche ed economiche che maturano attorno alle presidenziali statunitensi, che il giuslavorista Francesco Rotondi e l’economista Vito Rotondi attraversano, comunque, con la convinzione che “gli Usa sono una grande democrazia dotata di un sistema pluralistico di poteri legislativo, esecutivo e giudiziario incoercibili e bilanciamenti operativi, continuativi ed empirici, accanto a libera stampa”.
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