FIRENZE – Gli Atenei italiani sono mobilitati contro la riforma Bernini perché, sostengono, “aumenta il precariato”.
E i ricercatori a Firenze protestano anche mentre al teatro del Maggio è in corso l’inaugurazione dell’anno accademico. Un tema, quello del precariato, su cui con i giornalisti si misura anche la rettrice, Alessandra Petrucci. “Sono stata precaria 10 anni negli anni ’90, so cosa vuol dire. Molte persone che magari adesso ricoprono figure di punta, sono state precarie. Bisogna dire anche questo”, osserva.
Aggiungendo subito dopo: questa “è una vita che si conosce benissimo. Si sa perfettamente per la struttura stessa dell’università, che richiede molte persone che si occupino di ricerca”.
Ricerca “che funziona se c’è tanta gente e soprattutto tanti giovani, perché le idee vengono più a loro che agli anziani”. Partendo da questo stato dell’arte, “è chiaro che una sistematizzazione immediata non è possibile, anche perché il lavoro di ricerca deve essere approvato per poi vedere che succede. Se, cioè, effettivamente uno si sente per questo lavoro che, sul piano scientifico, non può essere fatto da chiunque”.
Se il piano è quello umano, però, “è ovvio che trovarsi davanti una prospettiva di non sicurezza per un periodo indefinito, perché questo è, è un grosso problema”. Così se è arduo risolvere il problema dell’indefinito, ragiona, “bisognerebbe cercare di minimizzarlo”.
Il problema, prosegue, “esiste. Però bisognerebbe valutarlo con più attenzione”, compresa la definizione stessa della parola e del concetto di ‘precariato’ nel sistema universitario (tra chi ha contratti di ricerca, assegnisti o dottorandi).
Un modo per risolverlo? “Lo posso dire con una battuta: basterebbe avere più soldi. In questo modo, con più risorse, si risolverebbe tutto”.
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo https://www.dire.it