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Nel Lazio 1,5 milioni persone con disturbi mentali: come intervenire

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Indicazioni dal think tank tra esperti promosso da Motore Sanità

Roma, 11 set. (askanews) – Sono un milione e mezzo le persone che soffrono di disturbi mentali soltanto nel Lazio, dove ogni anno, secondo l’Istat, le nuove diagnosi di disturbi depressivi sono 20mila. Un fenomeno esploso dopo la pandemia, una vera emergenza che necessita di risposte adeguate. Lo hanno sottolineato gli esperti riuniti nel think tank promosso da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Angelini Pharma, che hanno presentato a Roma le linee di intervento elaborate con l’obiettivo di migliorare la situazione nel Lazio.”Il Lazio è una realtà molto complessa, – dichiara ad askanew Giuseppe Nicolò, Direttore DSM-DP Asl Roma 5 – ovviamente abbiamo i problemi che hanno le altre regioni, in particolare il problema più emergente è quello della carenza del personale che è in qualche modo distribuito in modo centripeto, cioè il personale vuole stare molto su Roma e molto meno sulle province. Le strutture per l’esecuzione delle misure di sicurezza sono dislocate in provincia e questa è una grossa sfida che la Regione Lazio sta cercando di mettere in atto: cioè di come collocare questi pazienti, di come dare un sistema organico per la soluzione di questi problemi. Devo dire che l’impegno della Regione c’è stato, ci sono stati grossi finanziamenti per l’assunzione di personale ma il problema reale è che non c’è il personale da assumere perché molti medici non accettano le collocazioni che possono essere periferiche. Bisogna immaginare una forma di incentivi per chi lavora in carcere, per chi lavora in Rems, per chi lavora in condizioni disagiate”.Per investire sui professionisti della sanità bisogna poter contare su maggiori risorse per assicurare una formazione continua, per rafforzare la medicina del territorio, per aumentare le strutture dedicate. Occorre però anche lavorare sul fronte della comunicazione, sulla percezione che la società ha della salute mentale.”Io credo che ci sia bisogno di riconoscere questo bisogno di salute mentale trasversalmente a tutti – dichiara ad askanews Tommaso Maniscalco, Coordinatore Salute mentale Conferenza Stato-Regioni -. Si rischia di mettere da parte, di dimenticare quello che è il problema della salute mentale perché nella nostra testa lo releghiamo a quelli che sono i fatti di cronaca, alla violenza, alla follia. Io credo invece che sia importante riconoscere in tutti noi il bisogno di crescita di salute mentale non solo per prevenire quello che è il disagio e lo scadere nella malattia ma anche e soprattutto per inseguire quello stato di benessere emotivo che poi è alla base di quello che è il benessere psico-emotivo delle persone”.Le linee di intervento suggerite comprendono anche azioni specifiche per intercettare i segnali di disagio.”Il nostro benessere è un benessere mentale a rischio – dichiara ad askanews Alberto Siracusano, Coordinatore del tavolo tecnico ministeriale per la salute mentale – e pertanto una società civile se ne deve occupare. Atri punti riguardano la prevenzione, l’assistenza, il periodo di transizione dalla fase dell’età evolutiva alla fase dell’età adulta che sono delle situazioni oggi poco attenzionate nella maggior parte delle regioni italiane in alcune invece vi sono delle esperienze estremamente interessanti. Ancora, bisogna occuparsi del ciclo della vita sia nell’età adulta avanzata sia soprattutto nelle donne, nel genere femminile dove abbiamo visto un aumento della depressione post partum e la necessità di fare degli interventi specifici per fare una diagnosi precoce di questo disturbo”. Quella di Roma è solo la prima tappa di un percorso che toccherà altre regioni per concludersi nella Capitale dove verrà presentato un “Mental Act” da mettere a disposizione delle istituzioni.

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