ROMA – Ancora silenzio sulla sorte di Riccardo Corradini, il medico italiano di 31 anni a bordo della nave ‘Coscience’ della Freedom Flotilla Coalition, che la Marina israeliana ha attaccato e abbordato nella notte tra martedì e mercoledì in acque internazionali, insieme alle altre otto imbarcazioni della Thousand Madleen to Gaza. Così come avvenuto per i quasi 500 attivisti della missione precedente, i militari hanno trasportato con la forza i volontari in Israele, perché fossero sottoposti a misure detentive in attesa del rimpatrio.
In queste ore, in favore del medico originario di Rovereto è intervenuto anche Roberto Di Pietra, rettore dell’Università di Siena, dove Corradini ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia. In una lettera inviata ieri al ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani, Di Pietra chiede che “il nostro Governo possa intervenire affinché sia garantito al dott. Corradini il rispetto della sua integrità e dignità e che possa quanto prima essere liberato e sia consentito il suo rientro in Italia”.
CORRADINI, PRIMO STUDENTE ERASMUS PLUS NELLA STRISCIA DI GAZA
“Riccardo ancora non ci risponde” riferisce invece all’agenzia Dire Meri Calvelli, operatrice dell’ong padovana Acs Italia, che opera da anni nella Striscia di Gaza. Lei Corradini lo conosce bene: proprio tramite Acs il giovane trentino, all’epoca 25enne, ha potuto aderire al programma Erasmus Plus – quello che portai gli studenti nei Paesi extra Ue – nella Striscia di Gaza, diventando il primo nella storia a realizzarlo all’interno dell’enclave palestinese. Un soggiorno risalente al 2019, grazie alla collaborazione tra Acs Italia e l’Università di Siena, e raccontato nel documentario ‘Erasmus in Gaza’ di Chiara Avesani e Matteo Delbò del 2021.
Ora, come chi lo ha preceduto, anche Corradini sperava di poter raggiungere le coste di Gaza con la Flotilla per portare aiuti umanitari e, nel suo caso, anche cure mediche. Missioni civili che sono bocciate come “propaganda pro-Hamas” dalle autorità israeliane e mancano anche del sostegno del governo italiano, che a più riprese ha cercato di convincere i connazionali a dargli in consegna gli aiuti, rinunciando a forzare il blocco illegale di Israele sulle acque palestinesi.
CALVELLI DELL’ONG ACS ITALIA: “A GAZA UNA TENDA COSTA ANCHE MILLE EURO”
“Il governo ci ripete che può far entrare gli aiuti ma non è vero. Sono due anni che aspettiamo” denuncia ancora Calvelli, che è stata a bordo della Summertime Jong, imbarcazione di osservazione e supporto legale alle altre barche della Global Sumud Flotilla. Lei e l’equipaggio sono sfuggiti all’intercettazione della settimana scorsa, dirigendosi a Cipro, dove tuttavia “ci hanno tenuto due giorni, sballottandoci da un porto all’altro, senza darci libertà di movimento e sequestrando i passaporti”.Calvelli torna poi a denunciare il blocco che Israele impone all’accesso di beni e operatori umanitari nella Striscia: “Per noi ong, operare a Gaza è difficilissimo”. Oltre alla difficoltà di far arrivare i materiali utili ai progetti, “lo staff internazionale, che solitamente coordina i programmi, non può accedere. A ciò si aggiunge che l’Italia dopo il 7 ottobre 2023 ha bloccato i fondi a progetti che avevano ottenuto i finanziamenti, ed erano magari già partiti, e questo per vari mesi ha riguardato anche la Cisgiordania”, che pure soffre violenze e restrizioni alla mobilità e alle attività lavorative sempre più forti.”Nonostante tutto” assicura la referente di Acs, “non ci siamo fermati: i colleghi di Gaza ci chiedono sostegno. Noi rispondiamo con cliniche mobili, cucine da campo, camion cisterna per distribuire acqua gratis, scuole-tenda e attività ricreative per i bambini”. Interventi che si spostano con la popolazione “che l’esercito spinge sempre più in fondo alle aree umanitarie, le cosiddette ‘safe-zone’, sempre più piccole. Non c’è più spazio per le tende. Anche le più piccole arrivano a costare l’equivalente di mille euro. Immaginate quanto sia dura per famiglie di dieci o venti persone. Per i palestinesi- conclude Calvelli- l’unica speranza arriva dalle enormi manifestazioni nelle piazze del mondo di questi giorni e nel nuovo piano Trump: le bombe devono fermarsi”.
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